Giovanni Patat d'Artegna

Scultore

V. Gemona n. 6 - 33011 Artegna (UD)

+39-0432-987070


Giovanni Patat, in arte d'Artegna, è nato nel 1928. Ancora ragazzo, seguendo la propria forte predisposizione per le arti figurative e plastiche, frequenta una bottega di altaristi e sviluppa compiutamente le conoscenze delle tecniche della scultura, avviandosi, da autodidatta, ad una carriera artistica che da oltre mezzo secolo lo vede protagonista dell'arte in Friuli, con opere esposte in svariate sedi in Italia, in vari paesi d'Europa ed Oltreoceano.
Uscendo da Artegna, lungo la strada per Gemona, s'intravvedono, tra l'intenso verde pedemontano, suggestivi blocchi di pietra lavorata: è il parco delle opere monolitiche che l'artista ha installato a fianco della propria abitazione-laboratorio-mostra. Visitandole da vicino se ne scoprono la finezza artistica e la pregevole tecnica esecutiva, ma si svela tutt'intorno anche un variegato mondo di opere d'arte, di dimensioni più piccole ma altrettanto pregevoli, sparse un po' ovunque o raccolte ed esposte. E, tra la bianca polvere della pietra in lavorazione, appare l'artista, sempre all'opera per qualche nuova creazione.

Giovanni Patat d'Artegna originalissimo e unico artista, voce lirica elevata della terra friulana sa coniugare la classicità con una robusta linearità, monumentale ed espressiva, sciolta di realismo friulano; le sue opere testimoniano un'intensa poesia quando raccontano scene bibliche e in ogni caso narrazioni religiose, ma anche quando sottendono motivi simbolici, quando recuperano alvei storici, quando inquadrano profondi i messaggi della civiltà contadina.
I momenti drammatici della divina rappresentazione narrano fatti storici in cui si incontra il dramma umano del Cristo vittima immolata, che si intreccia con il sacro mistero della sofferenza, con il supremo punto di domanda sul dolore e il suo imperativo perchè.
La forza espressiva di Patat raggiunge gli apici nelle rappresentazioni del Cristo sotto la croce trasportata sulla via del Calvario e negli episodi della crocifissione; irradiate di luce e avvolte di misteriosa potenza le rappresentazioni che si riferiscono alla Resurrezione Dio-uomo sale al cielo, sono l'apoteosi biblica, ma anche quella dell'artista.
Intense di rara tensione altre rappresentazioni: Cristo trafitto, l'istituzione della santa cena, Cristo beffeggiato, la preghiera nell'orto degli ulivi. Il volto del Salvatore appare spesso il nucleo vitale della narrazione, ma non si deve perdere il profondo senso della coralità espressa da tutti i personaggi che concorrono a ricostruire la scena. Giovanni Patat d'Artegna genera il sasso percorso dall'acqua. L'acqua stilla, cade scrosciante, invade sottile ogni crepa di terra, ogni lato del teritorio, l'acqua dà la vita, tremula è simbolicamente il divenire di tutte le cose, l'acqua scava la roccia, racconta la pietra, la incide, la riesuma, la rovescia.
La folgorazione antica dell'acqua, il suo rapido incedere accompagnano la descrizione di tempi storici lontani dai nostri, Attila rimanda il suo lacerante grido di guerra, il Friuli sussurra il suo pianto secolare, ecco le invasioni, rappresentate da Giovanni d'Artegna, ecco la morte, la guerra, la storia, la trasformazione sofferta del mondo antico nel turbolento medioevo friulano, il canto, il grido, l'acqua come soggetto poetico sa urlare la rabbia, ma anche piangere con commosso crepitio. L'impatto classicista, i richiami comunque estremamente moderni e novecentisti, appaiono delinearsi in mille testine, in innumerevoli volti antichi e allo stesso tempo moderni, sapienti di una gestualità arcaica quanto a parlare sono i gesti. Ma la monumentale originalità di Patat trova spazio e dimensione soprattutto nelle testimonianze esterne allo studio, nei monumenti alla sofferenza. Essi narrano come l'eroismo e l'amor di patria trovano spazio nel cuore di d'Artegna, vate celebrativo della storia antica e sempre attuale della guerra, cantore dell'epopea degli alpini e dell'orgoglio mai sopito della Julia, armata dolorosa di casa nostra.
Le immagini dei monumenti ai caduti in Russia, all'alpino di Cervignano, al marinaio di Marano Lagunare, la stele ai caduti di tutte le guerre di Pallazzolo dello Stella, testimoniano la vibrante coscienza etica dell'uomo prima e dell'artista poi, suggellano un patto di fratellanza universale, sottacciono un monito, mormorato a labbra socchiuse.
Giovanni Patat d'Artegna è un artista italiano che lascia un segno nel panorama storico del 900. In questi giorni noi lo incontriamo come friulano e concittadino, pronto ad aprire lo studio alla comunità friulana in occasione della festa di Sant'Andrea. Vorrei precisare che l'artista racconta una storia, con le sue opere, che e' la storia dell'umanità, nel quale ambito si raccolgono le immagini e i sentimenti della comunità friulana che egli pienamente rappresenta.
Appena entrato nel giardino dell'artista il visitatore si troverà di fronte tre opere monumentali. La prima è una fontana che nella parte superiore reca l'immagine del re Attila, il "flagellum Dei" che devastò il Friuli alla vigilia della caduta dell'Impero Romano d'Occidente e dell'urbe aquileiese. La vasca sottostante è un recupero storico dell'ottocento.
La seconda opera è ancora una fontana, questa volta contrassegnata con l'immagine di un cavallo, "oggetto" simbolo della civiltà friulana, del lavoro, ma anche rappresentazione del movimento e del divenire delle cose, come la stessa acqua che si insinua tra queste pietre, stigmatizzando quasi il tempo che trascorre.
La terza opera del giardino e' un vortice quasi inconoscibile, una pietra volumetrica, una dilatazione magmatica di un esistere in perenne divenire, all'interno un vuoto, un buco, uno scorgere al di là.
La via crucis del giardino completa l'esposizione all'esterno, tra le immagini della sacra rappresentazione spiccano  quella della resurrezione del Cristo che si eleva al cielo, in un moto spontaneo e naturalissimo e la crocifissione, nella quale la tensione raggiunge un'espressione vitalissima e realistica. Realismo e modernità, è questa una sintesi che potrebbe essere fatta dell'opera di Giovanni Patat d'Artegna che rappresenta una piena sintesi delle principali tensioni artistiche e degli indirizzi del 900 italiano.
Ed è questo che ancora si può vedere nello studio dello scultore, anch'esso aperto al pubblico, dove spiccano sculture di minor dimensione ma di elevata tensione morale e artistica.
Un percorso di diapositive completa lo studio dell'artista che consente una conoscenza approfondita di una delle voci  più significative del nostro panorama contemporaneo.

Vito Sutto
Erano i primi anni della Seconda Guerra Mondiale; le famiglie friulane che prima della guerra allevavano tre o quattro maiali, ora, per via delle restrizioni imposte dal conflitto, ne possedevano tutt'al più uno. E così nel porcile divenuto deserto l'appena tredicenne Giovanni Patat trovava spazio per esercitare la sua innata passione di dare forma alla materia.
Fu l'inizio della sua carriera di artista, cominciata in un luogo umile, ma di buon auspicio.
E dopo una vita trascorsa nell'arte, Giovanni Patat d'Artegna ritorna in uno spazio povero che lo rinsalda alle proprie origini, seguendo un ideale percorso che si completa: non già il porcile dei suoi albori, reso inutile dalle miserie di guerra, bensì un fienile, attiguo alla casa dei suoi avi, abbandonato a causa del benessere dei nostri tempi. Nel vecchio fienile, sopravvissuto al terremoto ed ora restituito ad una nuova giovinezza, Giovanni, novello Prometeo, continua a plasmare la creta, a fondere i metalli, a scolpire la pietra; e come Prometeo insegna le sue arti ai giovani allievi che lo circondano.
Le tappe della mirabile carriera di Giovanni Patat d'Artegna potrete vedere istoriate nelle terrecotte che adornano il camino del Fienile di Prometeo.
Giuseppe Roccasanta




Nel suo regno di pietra, di creta, di marmi, di bronzi, Giovanni Patat, folta barba bianca e occhi scuri vivacissimi e limpidi, sembra un mitico Vulcano nella fucina o il classico Eolo, Re dei venti, possessore di energie scatenanti. Usciamo dalle immagini mitiche, pur significative, per accostarci all"uomo e all"artista che in questo caso fa tutt'uno come qualità di esistere e con forza morale. Andiamo a trovarlo e verifichiamo nella sua vasta, antica, con apporti nuovi, casa patriarcale, con la sua opera la validità di quanto abbiamo affermato.
E' un immenso museo storico della sua produzione scultorea e museo storico della sua vita, della storia del Friuli e del mondo. Vedi la progressione civile lineare e composta, l'impressionismo naturalistico, l'esplosione barocca infuocata, l'afflato religioso, le moderne evoluzioni di una materia planetaria. E insieme anche la vita locale, la dimensione devozionale, gli episodi degli umili, i temi familiari. Se poi facciamo una passeggiata oltre le stanze, il ponticello casalingo sul rivo, il vasto e polveroso laboratorio dove lui quotidianamente si cimenta con se stesso e con la roccia, domata e avulsa dal suo contesto, attraverso le belza della collina circostante, eccoci davanti a un'isola di Pasqua di monumenti di pietra tra formale e informale, tra mostri senza mostruosità. Nulla al suolo abbattuto. Tutto emerge dalla terra e tende al cielo. Possiamo andare a cercare similitudini e affinità nell'arte passata attuale; ma l'impronta di Giovanni d'Artegna è propriamente sua, di una genialità tanto espansiva quanto sofferta, che trapassa senza soluzione dal realismo figurante alla realizzazione metaformale. Dico metaformale perchè la forma in Patat non è mai distrutta, ma legata al pensiero e come superata. In questa cripta dell'antichissima Pieve di san Lorenzo l'artista ci offre un'antologia limitata della sua ampia produttività ma sufficiente a mostrare un percorso creativo molteplice. Si evidenzia il sentimento religioso di impronta cristiana del nostro essere che troppi oggi vorrebbero diluire e dissolvere in un generico e confuso minestrone concettuale da irresponsabile abracons nous ideologico.
L'artista crede, soffre, spera, ama in queste sue creature immobili, ma suscitatrici dei movimenti e della contemplazione spirituale. Il Cristo sofferente, le Madonne madri di umiltà e d'amore, immagini di tante nostre madri friulane, angeli e santi di fermezza e dolcezza come Francesco. Ognuno può attingere e io mi auguro un domani una rassegna maggiormente rappresentativa in quel di Buja e altrove. Purtroppo il primo ostacolo a chi lavora in Friuli è il Friuli stesso, così restio a riconoscere, a lanciare la sua gente a osannare quasi sempre il buono e meno buono pubblicizzato che arriva da fuori. Fosse Milano o a Firenze, Giovanni Patat d'Artegna avrebbe ben altra considerazione e fama. Noi comunque siamo orgogliosi di lui e gli chiediamo perdono per tante discriminazioni cha he subito in certi tempi, non certo per causa nostra, ma di friulani come noi.

Domenico Zannier


Quanch'al sofle il spirt de creazion, la materie si plee a pandi Umanitât e Fede, Storie e Vite. 'E nassin creatures e formes ch'e fevelin cidines ae nestre anime in cjant di piere e lûs di metal, in peraule di dolôr e di amôr.
Danus simpri alc, Zuan Patat d'Artigne.


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